PUBBLICITÀ COMPARATIVA: QUANDO DIVENTA ILLECITA

Quando si parla di pubblicità comparativa, si fa riferimento a quel tipo di pubblicità che identifica (in modo esplicito o implicito) un’azienda o un professionista concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente sul mercato.

Si tratta di una tecnica di marketing lecita che però deve essere attuata secondo precise limitazioni, nel rispetto del prodotto e del lavoro del concorrente: il rischio, altrimenti, è quello di sfociare nell’illecito della pubblicità ingannevole.

A quest’ultima è dedicato il decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, che definisce la pubblicità ingannevole come qualsiasi pubblicità idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta e che, a causa del suo carattere ingannevole, può pregiudicare il loro comportamento economico e ledere un concorrente.

Dunque, il confine tra pubblicità comparativa e pubblicità ingannevole è molto sottile.

Al fine di tracciare una linea che separi il lecito dall’illecito, la normativa individua chiaramente gli elementi di valutazione che consentono di considerare ingannevole una condotta pubblicitaria di carattere comparativo.

In particolare, la pubblicità comparativa è lecita se non causa discredito o discriminazione degli altrui prodotti o servizi e se il confronto tra prodotti è effettuato in modo oggettivo con riferimento alle caratteristiche essenziali.

È necessario che il confronto riguardi beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi.

Inoltre, le informazioni che vengono condivise con il pubblico devono essere informazioni veritiere. Non devono dunque esservi omissioni “strategiche”, volte a mettere in risalto in modo scorretto un prodotto rispetto ad un altro.

Molto importante è anche che il messaggio pubblicitario non sia presentato in modo tale da ingenerare volutamente errori di percezione nel pubblico o di valutazione in merito alle scelte di acquisto: il legislatore intende in primis tutelare l’affidamento del consumatore, il quale non deve essere raggirato o convinto all’acquisto mediante la condivisione di informazioni false relative al prodotto pubblicizzato.

Ma quali sono le conseguenze nel caso in cui un’azienda ponga in essere una condotta illecita a discapito dei concorrenti, mediante la diffusione di un messaggio pubblicitario comparativo denigratorio?

L’articolo 8 della normativa in esame, stabilisce che, ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravità, l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM) possa ottenere dal professionista responsabile della pubblicità ingannevole e comparativa illecita l’assunzione dell’impegno a porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità.

Inoltre, con il provvedimento che vieta la diffusione della pubblicità, l’Autorità può diporre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

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L’Avv. Citroni assiste da sempre società e gruppi societari fornendo assistenza anche nel “day to day business”. Interessata al diritto di famiglia e dei minori, nel 2014 ha pubblicato l'e-book "Questioni di Famiglia". Attualmente, oltre a pubblicare articoli sul Blog dello Studio, collabora in modo attivo con vari siti web dedicati, rivolgendo attenzione sia alle famiglie, che ai consumatori.
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