PERCHÈ LA DONAZIONE NON È LA SOLUZIONE

Ci è capitato diverse volte che dei clienti dello studio, molto spesso in qualità di soci di società con qualche problema economico, ci chiedessero una consulenza sull’istituto della donazione, individuando in esso la soluzione per tutelare il proprio patrimonio da eventuali aggressioni da parte dei creditori.

In questo articolo abbiamo già visto cosa implica l’acquisto di un immobile con provenienza donativa e quali sono le cautele consigliate per evitare di incorrere in brutte sorprese.

Oggi vogliamo affrontare il tema non dal punto di vista dell’acquirente ma da quello del donante: chi decide di conferire in donazione un bene sperando di sottrarlo alla garanzia del credito eventualmente sussistente a favore di altri, non ha fatto i conti con l’istituto della revocatoria.

L’azione revocatoria è uno strumento che la legge mette a disposizione dei creditori che rischiano di essere pregiudicati da atti di disposizione del patrimonio posti in essere dai debitori, quando tali atti compromettono la garanzia del loro credito.

Ma cosa significa, in parole povere?

Significa che il debitore che “fa uscire” dal proprio patrimonio un bene di un certo valore sta sottraendo quel bene alla garanzia del credito dei suoi creditori, i quali non troveranno più quel bene tra quelli intestati al debitore sui quali possono rivalersi per recuperare quanto loro dovuto.

Dunque, tale condotta è fortemente lesiva delle ragioni e degli interessi dei creditori.

Per tale ragione, il legislatore ha previsto l’istituto della revocatoria, che non lascia scampo ai donanti che intendono danneggiare i propri creditori e tutelare il proprio patrimonio.

Affinché l’azione revocatoria possa essere esperita con successo, è necessario che sussistano alcuni presupposti.

In primo luogo, occorre dimostrare che il debitore fosse consapevole di arrecare un danno al creditore ponendo in essere l’atto di disposizione del patrimonio (dunque, la donazione): a tal proposito, si parla di “consilium fraudis”.

Il secondo presupposto è che anche i terzi (ma solo nel caso di atti posti in essere a titolo oneroso) fossero consapevoli della volontà del debitore di arrecare un pregiudizio alle ragioni dei creditori; si parla, in tal caso, di “participatio fraudis”. Tale presupposto non è però necessario per il caso della donazione, in quanto quest’ultima viene effettuata a titolo gratuito; tale presupposto dovrà invece sussistere, per esempio, nel caso di una compravendita.

Infine, occorre che sia effettivo il danno arrecato ai creditori. Per esempio, nel caso di un credito di € 100.000,00, non sarà dannoso per il creditore l’atto di donazione di un immobile del valore di € 50.000,00 se nel patrimonio del debitore vi sono beni per un valore di un milione di euro.

Analizzati i presupposti, vediamo cosa accade una volta che viene accolta la domanda di revocatoria.

Se il creditore agisce con azione revocatoria ed il giudice ritiene che la domanda sia fondata, e dunque che l’atto di donazione sia stato compiuto con l’intento di sottrarre il bene alla garanzia del credito, la conseguenza sarà l’inopponibilità dell’atto donativo nei confronti del creditore vittorioso.

Ciò significa che l’atto sarà valido ma non sarà efficace nei confronti del creditore, il quale potrà agire sul bene come se lo stesso non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore.

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L’Avv. Citroni assiste da sempre società e gruppi societari fornendo assistenza anche nel “day to day business”. Interessata al diritto di famiglia e dei minori, nel 2014 ha pubblicato l'e-book "Questioni di Famiglia". Attualmente, oltre a pubblicare articoli sul Blog dello Studio, collabora in modo attivo con vari siti web dedicati, rivolgendo attenzione sia alle famiglie, che ai consumatori.
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