CONTRATTO DI CONVIVENZA: DISCIPLINA E RECESSO

Quando una relazione è felice e stabile, quando entrambi i partner percepiscono un clima sereno e di progettualità, uno dei passi più importanti da compiere è quello della convivenza. Si tratta di una scelta molto importante, che porta il rapporto ad un livello superiore e che costituisce, in un certo senso, un banco di prova: se si riescono ad accettare i limiti, i difetti e le strane abitudini del proprio compagno, probabilmente è “quello giusto”.

Anche se la convivenza non comporta formalmente gli stessi obblighi del matrimonio, è possibile decidere di disciplinare il rapporto attraverso un “accordo” o “contratto di convivenza”. Perché? Perché permette alla coppia di disciplinare i rapporti patrimoniali e di stabilire quali saranno le conseguenze della eventuale cessazione del rapporto. Non si tratta di un passaggio obbligatorio, non è necessario che le regole della convivenza siano “formalizzate” ma, per quanto non sia certamente romantico, può essere utile decidere in anticipo in che modo gestire i rapporti patrimoniali nel caso in cui la coppia non funzioni.

Si tratta di una novità che è stata introdotta di recente con la legge Cirinnà, la quale individua i requisiti per poter formalizzare il rapporto di convivenza: il contratto deve essere redatto per iscritto con forma vincolata: ciò significa che è possibile stipularlo nella forma dell’atto pubblico oppure con scrittura privata autenticata (ovvero con sottoscrizione apposta alla presenza di un avvocato o di un notaio). Può essere stipulato da chiunque sia maggiorenne, tra persone che non siano tra loro legate da un rapporto di parentela, affinità od adozione e che siano libere, cioè non legate ad altre persone né da unione civile né da matrimonio.

È consigliabile rivolgersi ad un avvocato per la formazione del documento: infatti, lo stesso deve contenere una serie di elementi quali, oltre alle generalità dei contraenti e l’indirizzo di residenza, il regime patrimoniale prescelto e le modalità attraverso le quali i partner si impegnano a contribuire alla vita familiare. Inoltre, il contratto deve essere trasmesso al Comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe.

Una volta avvenuta la registrazione, il contratto comporta la possibilità di continuare a vivere nella casa di residenza a seguito del decesso del convivente proprietario dell’immobile ed il diritto di visita e di assistenza reciproco in caso di malattia.

Cosa accade se si “cambia idea”?

Trattandosi di un vero e proprio contratto, la legge ammetta la possibilità di esercitare il diritto di recesso. Tale diritto può essere esercitato in qualsiasi momento attraverso un atto pubblico o una scrittura privata autenticata e deve essere trasmesso, nel termine di 10 giorni, all’ufficio anagrafe del comune di residenza presso cui il contratto è stato registrato.

Se chi esercita il diritto di recesso è unico proprietario della casa in cui la coppia risiede, la legge impone che venga dato al convivente un tempo di almeno 90 giorni per trovare una sistemazione alternativa.

Ti è piaciuto questo articolo? Lasciaci un commento!

Potrebbe interessarti anche:

Contratto pre-matrimoniale: andare dall’avvocato prima di sposarsi?

La comunione legale spiegata punto per punto

Lo scioglimento dell’unione civile

The following two tabs change content below.
L’Avv. Citroni assiste da sempre società e gruppi societari fornendo assistenza anche nel “day to day business”. Interessata al diritto di famiglia e dei minori, nel 2014 ha pubblicato l'e-book "Questioni di Famiglia". Attualmente, oltre a pubblicare articoli sul Blog dello Studio, collabora in modo attivo con vari siti web dedicati, rivolgendo attenzione sia alle famiglie, che ai consumatori.
Condividi su:

Lascia un commento