AFFIDO PARITETICO E NESSUN MANTENIMENTO: I NUOVI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

L’Italia è uno dei pochi Paesi europei nei quali, in caso di separazione dei coniugi, i figli vengono affidati ad entrambi i genitori ma con prevalente collocamento presso la madre, salvi casi particolari o molto gravi.

Tale prassi deriva dalla circostanza per cui, fino a qualche decennio fa, erano molte le donne che non avevano un impiego e che quindi potevano occuparsi dei figli a tempo pieno, a differenza dei padri che invece avevano il compito di provvedere al mantenimento economico della famiglia.

Negli ultimi tempi, però, la tendenza dei tribunali sta cambiando: le pronunce dei giudici si stanno sempre più adeguando allo stato di fatto della realtà in cui viviamo. Le mamme lavorano, così come lavorano i papà, e i bambini hanno il diritto di trascorrere il loro tempo sia con uno che con l’altro genitore, senza che vi siano disparità di trattamento.

Di conseguenza, non è più “scontato” che il minore venga collocato prevalentemente presso la madre.

La legge n. 54 del 2006 sull’affido condiviso aveva in qualche modo cercato di impedire che i figli fossero affidati sempre alle mamme e che i papà dovessero fare i salti mortali pur di trascorrere delle ore con loro.

Tuttavia, prevedere l’istituto della “collocazione” del minore non ha fatto altro che vanificare la previsione dell’affido condiviso, consentendo che il minore venisse, di fatto, assegnato principalmente ad uno solo dei due coniugi.

Di recente, invece, ci sono state importanti pronunce di tribunali che hanno modificato la prassi finora vigente, aprendo la strada ad una concezione della separazione più moderna e più in linea con le esigenze di tutela del minore.

La pronuncia più importante in tal senso è contenuta nel recentissimo decreto dell’1/09/2021 del Tribunale di Perugia, emesso nell’ambito di una separazione giudiziale in cui era coinvolto un bambino di dieci anni.

Il giudice, dopo aver provvisoriamente collocato il minore presso la madre, nel corso del giudizio ha deciso di sentire anche il minore per capire quale fosse il suo stato d’animo rispetto alla separazione dei genitori e quali fossero le sue preferenze circa la propria collocazione.

Dai colloqui con il bambino è emerso che quest’ultimo aveva il desiderio di trascorrere con il padre lo stesso tempo che effettivamente trascorreva con la madre.

Il giudice, dunque, in sede di definizione del procedimento, ha deciso di affidare il minore ad entrambi i coniugi, collocandolo altresì presso entrambi (e non con collocazione prevalente presso la madre) e, come conseguenza di ciò, ha stabilito che il padre non fosse tenuto a corrispondere alcuna somma alla madre a titolo di assegno per il mantenimento del bambino.

Infatti, partendo dal presupposto che entrambi i coniugi lavoravano ed avevano uno stipendio equiparabile, se si considera che il minore trascorre il proprio tempo per metà con il padre e per metà con la madre, non c’è motivo per cui il padre debba corrispondere delle somme alla madre; viceversa, il giudice ha parlato di “mantenimento diretto”: ciascun genitore, nel periodo di permanenza del bambino presso di sé, provvede a tutto l’occorrente senza pagare nessun assegno all’altro.

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L’Avv. Citroni assiste da sempre società e gruppi societari fornendo assistenza anche nel “day to day business”. Interessata al diritto di famiglia e dei minori, nel 2014 ha pubblicato l'e-book "Questioni di Famiglia". Attualmente, oltre a pubblicare articoli sul Blog dello Studio, collabora in modo attivo con vari siti web dedicati, rivolgendo attenzione sia alle famiglie, che ai consumatori.
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