Uno dei principi che guidano il processo civile nell’ordinamento italiano è il principio della legittimazione ad agire: l’art. 81 del codice di procedura civile infatti prevede che “fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui”.
Da tale norma si ricava, a contrario, che chi agisce in giudizio deve farlo per tutelare un diritto proprio. Il legislatore infatti ha ritenuto opportuno evitare che chiunque possa agire per chiedere la tutela di diritti di terzi, riservando così al titolare del diritto la scelta sul se, come e quando chiederne la tutela giurisdizionale.
La prima parte dell’art. 81 c.p.c. però prevede una deroga alla regola generale, quando afferma “fuori dai casi espressamente previsti dalla legge”. Infatti ci sono alcune situazioni nelle quali è consentito ad un terzo di agire in giudizio per ottenere la tutela di un diritto altrui ma si tratta di ipotesi tassative, significa che sono specificamente individuate dal legislatore e non sono individuabili autonomamente dalle parti.
Tra queste ipotesi sicuramente la più importante è quella prevista dall’art. 2900 del codice civile che disciplina l’azione surrogatoria.
Quando il debitore rimane inerte, non tutelando i propri interessi e non facendo valere i propri diritti, il creditore rischia un grave pregiudizio: quello di vedere diminuire sempre di più il patrimonio dell’obbligato a scapito della soddisfazione del proprio diritto.
È qui che entra in gioco l’azione surrogatoria: il creditore può rivolgersi al giudice e chiedere non già la tutela di un proprio diritto, quando la tutela del diritto del suo debitore. In pratica, il creditore si sostituisce al debitore nell’azione contro l’obbligato nei confronti di quest’ultimo, per far fronte al rischio di non vedere un domani soddisfatte le proprie pretese.
Ci sono naturalmente delle condizioni in presenza delle quali ciò è possibile:
- Innanzitutto è necessario che chi agisce in giudizio (il cosiddetto attore) sia titolare di un diritto di credito nei confronti del debitore cui si surroga (cui si sostituisce nell’azione)
- Ci deve essere un diritto del debitore nei confronti di un terzo di fronte al quale il debitore rimane inerte
- L’inerzia del debitore deve essere tale da arrecare un pregiudizio al creditore, il quale vede diminuire il patrimonio del proprio debitore a garanzia del proprio diritto.
In presenza di questi presupposti dunque il creditore può compiere tutti gli atti che avrebbe potuto compiere il debitore (citare in giudizio un terzo, interrompere una prescrizione…) senza però, e qui si faccia attenzione, poter pretendere che la prestazione sia adempiuta nei propri confronti.
Infatti, titolare del diritto rimane sempre e solo il debitore e in nessun caso il creditore potrà agire per chiedere che la prestazione sia eseguita in proprio favore, potendo egli solo sostituirsi all’attività di “attivazione” (volta ad ottenere la tutela del diritto insoddisfatto) ma non potendo impedire che il debitore ottenga, in virtù della tutela impartita, ciò che gli spetta.
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