La settimana scorsa mi è capitato di partecipare ad un convegno sulle “Coppie di Fatto” nella splendida cornice dell’Hotel Mandarin Oriental, da pochi mesi aperto a Milano.
Ho trovato gli argomenti proposti molto interessanti e soprattutto molto attuali considerando oltretutto che in Italia le Unioni di fatto, dal 2008 ad oggi, sono più che raddoppiate.
Tuttavia il problema è che, in mancanza di una legge, diventa sempre più concreta l’esigenza di disciplinare in maniera completa tutti i molteplici interessi di natura patrimoniale connessi a un rapporto tra conviventi, fissando quelli che sono i reciproci diritti e gli obblighi anche per il futuro della coppia.
Il c.d. “contratto di convivenza” è lo strumento che, ad oggi, consente ai conviventi di disciplinare nel modo più completo possibile tutti gli interessi di natura patrimoniale (nei limiti oggi consentiti dall’ordinamento).
Tengo a precisare che questo contratto non è contemplato da alcuna norma vigente, ma la sua liceità e utilizzabilità per gli scopi indicati è unanimemente riconosciuta, trattandosi di un contratto che persegue interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico[1].
Tale tipo di contratto può, infatti, prevedere e disciplinare le seguenti condizioni:
- assunzione da parte di un convivente dell’obbligo di mantenimento dell’altro (qualora uno solo dei due percepisca un reddito e l’altro si dedichi al lavoro domestico e alla cura del partner e di eventuali figli, ovvero collabori all’attività imprenditoriale o professionale del primo);
- modalità di partecipazione alle spese comuni;
- modalità d’uso della casa adibita a residenza comune;
- criteri di imputazione dei beni acquistati nel corso della convivenza (ad esempio stabilendo che essi debbano considerarsi di proprietà comune o meno);
- modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza.
Tuttavia il ricorso a questo strumento consente agli interessati di disciplinare in maniera completa solo gli aspetti patrimoniali del loro rapporto e solo alcuni aspetti limitati dei rapporti personali (sono anche ammessi accordi sull’affidamento dei figli per il caso di cessazione della convivenza).
I conviventi possono anche prevedere che il partner, in tutti i casi di malattia fisica o psichica, o infortuni di ogni genere, abbia la facoltà di assistenza, sia in casa che in qualsiasi struttura esterna pubblica o privata, nonché ogni diritto di visita, attribuendosi ai sensi dell’art. 82 d.lgs. n. 196 del 2003, ogni più ampia facoltà di delega al fine di conoscere ogni dato o informazione, anche sensibile, riguardante lo stato di salute, le cure e le terapie a cui il convivente venga sottoposto.
Ricordo, in ogni caso, che il contratto di convivenza deve risultare da apposito atto scritto ed è soggetto alle disposizioni previste per tutti i contratti, così, ad esempio, ciascun partner potrà chiederne la risoluzione in caso di:
- inadempimento dell’altro partner (purché non di scarsa importanza);
- sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta;
- prestazione divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili.
Inoltre le parti potranno riservarsi, con apposite clausole inserite nel contratto di convivenza, la facoltà di recesso.
Nel caso in cui uno dei conviventi venga a mancare, pare opportuno sottolineare che, mentre tra i coniugi il testamento è un’opzione, invece, è una necessità qualora non si voglia lasciare il partner economicamente più debole privo di qualsiasi tutela.
La legge, infatti prevede delle quote, c.d. di legittima, riservate ai parenti più prossimi dalle quali rimane escluso il partner solo convivente e non coniugato.
Da ultimo, mi sento di aggiungere che, per soddisfare esigenze di questo tipo sul mercato assicurativo e della previdenza integrativa, vengono proposti numerosi prodotti personalizzabili, in grado di pianificare la destinazione del proprio patrimonio a favore del partner.
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[1] L’art. 1322, secondo comma c.c., stabilisce infatti che si possono “concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”. In questa fattispecie si possono includere anche i contratti di convivenza.


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